Storia dell' Amstaff

Origine della razza

L’origine di questa splendida razza è la stessa dell’American Pit Bull terrier, che non è solo il “papà” dell’Amstaff, ma che per lungo, lunghissimo tempo è stato proprio “lo stesso cane”.
E’ una storia molto antica che parte dai cosiddetti “bull and terrier”, incroci tra cani di tipo molossoide e cani di tipo terrier creati in Inghilterra inizialmente per il cosiddetto “bull baiting” (combattimento di cani contro tori), che era una via di mezzo tra lo “sport” (o almeno quello che si intendeva come sport tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, tempi in cui il rispetto per gli animali non era certo di primaria importanza…) e la macellazione.
Gli inglesi prediligevano infatti la carne dura ed asciutta che si poteva gustare solo dai bovini morti dissanguati durante un combattimento, e quindi percorsi da scariche di adrenalina che pareva in grado di dare un sapore particolare alle bistecche. Tra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento, finalmente, le autorità inglesi si resero conto che questo tipo di macellazione era “un filino” troppo cruento. Quella fu l’epoca in cui cominciò a farsi strada tra gli umani il concetto di “amore” per gli animali, e non solo di sfruttamento degli stessi (fu anche l’epoca in cui nacquero le prime esposizioni canine): quindi i combattimenti tra animali furono messi fuorilegge.

A questo punto, però, bisogna anche entrare un attimo nella mentalità del popolino, formato in gran parte da contadini che conducevano una vita durissima, sfruttati dai padroni, oppressi e con ben poche possibilità di riscatto.
Per questa povera gente, senza alcun dubbio, il possesso di un cane capace di abbattere un toro o un orso rappresentava una sorta di rivincita morale: specie se il cane si dimostrava in grado di vincere contro quelli dei signorotti locali.
Da un lato, quindi, è sicuramente colpa del perverso animo umano se i combattimenti tra animali, dichiarati fuorilegge, non sparirono affatto, ma si trasferirono semplicemente nella clandestinità; dall’altro lato, però, bisogna anche cercare di capire in quale substrato umano e culturale si sviluppò questo ignobile “sport”.
Avere un cane campione, per molti proprietari, rappresentava l’unico motivo di soddisfazione e di orgoglio in una vita fatta di stenti e di umiliazioni. Fu soprattutto per questo che i combattimenti non finirono mai; ma siccome dovevano svolgersi in clandestinità, e siccome non era propriamente agevole “contrabbandare” tori e orsi (ammesso e non concesso che si avessero i soldi per comprarli), ecco che cominciò a prendere piede il combattimento tra cani, facilissimo da organizzare in qualsiasi scantinato.

Che sport!

In tutto il Regno Unito il “dog fighting” divenne “sport” popolarissimo, allargandosi ben presto anche alla cerchia delle persone più abbienti: in Irlanda i campioni erano famosi come i calciatori di oggi, e quando c’era un combattimento particolarmente importante tutto il paese “spariva” misteriosamente per andarvi ad assistere. D’altronde si sa, da varie testimonianze, che le forze dell’ordine dell’epoca non erano particolarmente severe nell’applicare la legge anti-combattimento: anzi, erano spesso in prima linea a scommettere…o a lanciare il proprio cane nel “pit”, nome che definiva il recinto, l’arena in cui si svolgevano gli incontri.

Sbarco in America

Quando i primi coloni inglesi sbarcarono in America, la maggior parte di loro portò con se i propri cani: il dog fighting venne quindi “esportato” senza che a nessuno venisse in mente di considerarlo scorretto o illegale. Una vera pacchia per gli appassionati del genere, che cominciarono quindi ad allevare e pubblicizzare i propri soggetti alla luce del sole, chiamandoli “American Pit bull terrier” perché finalmente potevano dichiarare a chiare lettere lo scopo a cui erano adibiti i cani: combattere nel pit.

Dev’essere chiaro, però, che ai pit men dell’epoca (allevatori, allenatori e appassionati in genere) non passava neppure per l’anticamera del cervello l’idea di “maltrattare” i propri cani, che quando non combattevano erano animali da famiglia a tutti gli effetti, amici dei bambini, ben nutriti, curati e coccolati.

American Kennel Club

Ma ora facciamo un balzo avanti nel tempo ed arriviamo al 1884, data di nascita dell’American Kennel Club, destinato a diventare, nel giro di qualche decennio, il più importante Club americano per la tutela delle razze pure.
Inizialmente l’AKC registrò tranquillamente gli American Pit bull terrier come tali (fatto provato da documenti originali dell’epoca): ma all’inizio del ‘900 anche l’America, come l’Inghilterra, decise di proibire i combattimenti.
A questo punto l’American Kennel Club chiese ai propri soci possessori di Pit bull di cambiare nome alla razza, perché il termine “pit” era diventato “politicamente scorretto”. Questa richiesta scatenò le ire funeste dei “puristi”, che per nulla al mondo avrebbero accettato di rinnegare tutti gli anni di lavoro e di selezione che li avevano portati alla creazione dei loro campioni: molti allevatori, quindi, mandarono a quel paese l’AKC e si associarono ad altri Club (come l’UKC) o ne fondarono di nuovi (come l’ADBA) che permettessero al Pit bull di continuare a chiamarsi col suo nome originario, rispettandone la storia. Altri allevatori, invece, attirati dal mondo degli show che stava diventando appannaggio quasi esclusivo dell’AKC, accettarono di cambiare nome alla razza…ed iscrissero i propri cani come “Staffordshire terrier” (senza “American” davanti).
NON E’ VERO che l’AKC accettò di registrare solo i Pit bull che non combattevano da dieci generazioni: negli antichi registri AKC, visibili a tutti, sono registrati fior di campioni di fighting!
E’ vero, invece, che l’AKC proibì nel modo più assoluto di continuare a far combattere i cani che comparivano nei propri registri.

Confusione!

Poco tempo dopo l’iscrizione dei primi “Staffordshire terrier” all’AKC, dall’Inghilterra cominciarono ad arrivare altri terrier di tipo bull di taglia ridotta (anch’essi combattenti, erano i “pesi piuma” dell’epoca), destinati ad essere “dirottati” dal mondo dei combattimenti a quello dei cani da compagnia e da expo. Anche questi cani si chiamavano “Staffordshire terrier”…il che creò, ovviamente, una certa confusione. Alla fine si decise di chiamare “American Staffordshire terrier” gli ex Pit bull (notare che si parla sempre degli stessi soggetti, che spesso erano registrati come Pit bull presso un Club – ADBA, UKC e altri minori – e come Amstaff all’AKC! Ancora oggi diversi cani hanno la doppia regstrazione), e “Staffordshire bull terrier” i cagnolini di piccola taglia.

Amstaff e Pitbull: stessa moneta, facce diverse

A partire dagli anni ’30, dunque, Amstaff e Pit bull presero due strade diverse: la selezione dell’Amstaff venne improntata soprattutto sulla creazione di un cane da show, quindi più elegante ed appariscente, dalle linee più gradevoli, mentre i Pit bull restarono soprattutto cani funzionali, in cui l’estetica veniva ben poco considerata e si badava solo alle doti caratteriali.
Queste doti, per lungo tempo, furono ancora rivolte allo scopo originario: i combattimenti. In seguito, però, la stragrande maggioranza dei proprietari di Pit bull, pur restando fedele alla storia della razza, smise di far combattere i cani e li destinò ad impieghi totalmente diversi.
Oggi il Pit bull è un cane sportivo (prove di utilità, agility, obedience) e un cane impiegato nel sociale (in America è diffusissimo come cane da pet therapy e da protezione civile), mentre l’American staffordshire, per lungo tempo, è stato quasi esclusivamente un cane da esposizione e da compagnia. Si temeva infatti che utilizzarlo nelle prove di utilità/difesa – e quindi fargli svolgere gli esercizi di attacco – lo rendesse ancora troppo vicino a quell’immagine di “cane mordace” che si voleva lasciare alle spalle. Così, non considerando minimamente il fatto che gli attacchi sportivi sulla manica non hanno mai avuto nulla a che vedere con i combattimenti tra cani, l’AKC sconsigliò per anni l’addestramento sportivo della razza; un atteggiamento esclusivamente politico e per nulla cinofilo, buono solo ad impedire la selezione di alcune doti caratteriali…che infatti hanno rischiato di andare perdute. Fortunatamente, negli ultimi anni, molti allevatori si sono resi conto dell’insensatezza di questa scelta e hanno ricominciato a far lavorare i cani, riuscendo così a mantenere vive le caratteristiche che fanno del Pit bull e del “fratello” Amstaff dei veri “superdog”.

Scontri tra allevatori

Purtroppo esiste, assai più in Italia che in America, una certa rivalità (non esente da un’ incomprensibile patina di astio) tra gli allevatori delle due razze.
Gli Amstaffisti accusano i Pit bull di essere “meticci” (e come tali inaffidabili dal punto di vista caratteriale) in quanto non riconosciuti dall’ENCI…ma questo avviene solo perché l’ENCI è “gemellato” con l’AKC e non con gli altri Club americani. Poiché l’AKC non riconosce il Pit bull, neppure l’ENCI può farlo… ma questa è solo politica, che non ha proprio nulla da spartire con la cinofilia e la cinotecnia!
Gli allevatori di Pit bull, dal canto loro, accusano l’Amstaff di essere la versione “rammollita” del cane originario e di aver perso molte delle doti caratteriali che i primi “pit men” avevano impiegato secoli a selezionare e fissare.
Questa guerra fratricida è semplicemente stupida, visto che l’unico risultato che ottiene è quello di “sputtanare” entrambe le razze, mettendone in evidenza lati negativi che tra l’altro sono spesso inventati di sana pianta.
Sarebbe molto più produttivo per tutti se si guardassero le due razze per quello che sono: due evoluzioni diverse dello stesso cane, una più mirata alla morfologia (ma senza tralasciare il carattere, se ad allevare sono persone serie e competenti!), l’altra basata quasi esclusivamente sulle doti funzionali.
Non c’è assolutamente nulla di sbagliato in nessuna delle due scelte: sono semplicemente diverse, adatte a tipi diversi di persone…ma entrambe dignitosissime e meritevoli del massimo rispetto. Nessuno si sognerebbe mai di attaccare gli allevatori di Barboni perché effettuano una selezione diversa dagli allevatori di Malinois: sono razze diverse, con scopi diversi, ognuna delle quali può godere del proprio nucleo di appassionati ed estimato senza che questi sentano alcun bisogno di scagliarsi l’uno contro l’altro!

Linee di sangue storiche

Nella speranza che sia presto pace tra allevatori di Pit bull e di Amstaff, in questo excursus storico lasciamo ora il Pit bull al proprio destino, e diamo un’occhiata alla storia recente dell’American Staffordshire, ricordando le principali linee di sangue che stanno alla base dell’allevamento moderno.
Tra queste citiamo:
-“X-Pert” di Alberta e Clifford Ormsby, di Hornell (New York).
Questo allevamento nacque negli anni ’30 e utilizzò linee Colby, Feely, Corrington, Tudor e Morris (tutti Pit bull, ovviamente), dando origine a una linea di sangue determinante per il futuro sviluppo della razza; – i “Tacoma” di Charles Doyle, Winamac (Indiana).
Allevamento nato a cavallo tra gli anni ’20 e ’30: il soggetto più importante fu il mitico Tacoma Jack, nato nel 1927. Charter Doyle fu anche uno dei fondatori del primo Club di razza americano e fu sicuramente il selezionatore che si impegnò maggiormente nella produzione di cani dal grande equilibrio caratteriale
– I “Ruffian” di Clayton Harriman di Plymouth, Michigan (che poi si unì in società con la texana Peggy Harper).
Questa linea prende il nome dal Ch. The Ruffian (Klump’s Deuce x Klup’s Dina) nato nel 1938.
– I “Crusander” di Ike e Jean Stinson di Fayetteville (Georgia)
Allevamento famosissimo negli anni ’50.

 

Il resto è storia recente, che si può trovare anche nei pedigree dei cani moderni…

La famiglia dei Bull Terrier

I “Terrier di tipo bull” sono cinque:
American Staffordshire Terrier
Bull terrier
Bull terrier miniature
Staffordshire Bull terrier
American Pit bull terrier.

Le prime quattro sono riconosciute dall’AKC e dalla FCI (e quindi anche dall’ENCI, che è affiliato alla FCI), mentre la quinta è riconosciuta dell’UKC, dall’ADBA e da altri Club minori americani.
Tutti questi cani hanno un passato da combattenti, escluso il bull terrier miniature che è stato selezionato in origine come “peso leggero” da far misurare nel pit contro altri cani di piccola taglia, ma che è stato “dirottato” quasi subito verso il ruolo di cane da compagnia. Sorte simile per lo Staffordshire bull terrier, un altro ex peso-piuma che ha lasciato il ring molto tempo fa ed oggi è uno dei più amati cani da famiglia inglesi (ma comincia a diffondersi bene anche in Italia).
Oggi che i combattimenti restano appannaggio di pochi criminali (che tra l’altro ben raramente si rivolgono alla razza pura e ben selezionata, ma preferiscono pasticciare con incroci “fatti in casa” dimostrando un’ignoranza cinofila quasi pari alla loro povertà di spirito)
I cani più utilizzati per impieghi sportivi e sociali sono sicuramente l’Amstaff e il Pit bull.
Il Bull terrier, sicuramente il più tenace e caparbio del gruppo, non è facile da addestrare e richiede un conduttore davvero esperto, cosa che lo rende poco “appetibile” come cane da lavoro: è quindi molto più diffuso come cane da show.
Lo “Staffy”, ovvero lo Staffordshire bull terrier, è un cane piccoletto ma eclettico, resistentissimo e super-sportivo: in Italia comincia ad essere conosciuto solo in questi ultimi anni e finora è stato venduto prevalentemente come cane da compagnia, ma è facile prevedere per lui un radioso futuro sui campi da agility…e forse anche su quelli di utilità/difesa, visto che tempra, muscolatura ed agilità riescono a sopperire alle carenze di taglia, e alcuni staffy l’hanno già dimostrato.

Tutti i terrier di tipo bull sono cani che o si amano alla follia, o si odiano: non si conoscono vie di mezzo. E’ importantissimo, però, che l’eventuale “innamoramento” impulsivo sia seguito da un bel periodo di approfondimento e di studio, prima dell’acquisto di un cucciolo.

La scelta dell’ allevamento

Questi sono cani speciali, eccezionali, grandiosi: ma non sono cani per tutti, e non si può agire d’impulso della scelta di queste razze. Bisogna leggere libri e riviste (anche se spesso queste vanno interpretate cum grano salis, perché tendono a magnificare i pregi e a minimizzare i lati meno gradevoli) e soprattutto parlare con allevatori e proprietari.
Anche gli allevatori meno seri e più commerciali tenderanno a rifilare cuccioli a chiunque (mentre quelli seri vi sottoporranno a un bel terzo grado e vorranno sapere TUTTO di voi prima di pensare di affidarvi un cane): i proprietari, invece, sono solitamente sinceri, perché non devono vendervi nulla e non hanno ragione di mentire. L’unico problema è che…non sempre sono esperti cinofili (anzi!), quindi potrebbero dipingervi come difetti del cane quelli che in realtà sono (o sono stati) soltanto errori LORO nella gestione del cucciolo o dell’adulto.
Confrontando vari pareri (Internet in questi casi è preziosissimo!) si arriva comunque quasi sempre ad una panoramica abbastanza attendibile di quello che può aspettarci se decidiamo di metterci in casa uno di questi cani.
A questo punto, valutati per bene tutti i pro e i contro, non ci resterà che cercare un buon allevamento (sempre, soltanto, rigorosamente quello! MAI affidarsi a negozi, annunci sul giornale o peggio “fiere del cucciolo” e altre indegnità del genere, se si pensa di acquistare un terrier di tipo bull)…e cominciare una nuova vita come compagni di viaggio di un cane che, se è stato scelto con attenzione e con la giusta dose di informazione, finiremo sicuramente per adorare e per trovare superiore a qualsiasi altro cane del mondo.

Padrone responsabile

Dobbiamo però ricordare che il possesso di un cane come l’Amstaff (o qualsiasi altro terrier di tipo bull) comporta anche una grande responsabilità: quindi dovremo impegnarci a fondo nella sua educazione e nel suo addestramento, non aspettandoci che siano “gli altri” a dover subire le nostre scelte e magari a dover accettare seraficamente che un cane di trenta chili, con l’apertura boccale dello Squalo 3, gli salti addosso per strada. NOI sappiamo che vuole solo fargli le feste e che al massimo lo ucciderà a forza di leccate (perché questa è una caratteristica assolutamente tipica di tutti i TTB: hanno la lingua più veloce e più assatanata del West!)…ma all’ignaro passante potrebbe pure venire un coccolone, vedendosi arrivare addosso quello che sicuramente identifica come “‘u pizzburg assassino” (non aspettatevi che il pubblico medio distingua un amstaff da un pit bull…e ricordate quell’episodio di quel signore, fiero possessore di un siberian husky,a cui è stato chiesto di allontanare da un bar quel “pit bull a pelo lungo, che si sa benissimo che sono i più feroci di tutti!). La popolazione italiana media, in fatto di cani, è spaventosamente ignorante: quindi sappiate che qualsiasi TTB (ma soprattutto l’Amstaff) sarà additato almeno dieci volte al giorno come “pizzburg” e scatenerà reazioni di panico o di intolleranza. La migliore risposta (oltre a lasciar perdere queste razze se si è poco disposti a sentirsi dare del criminale e del possessore di cane killer ogni due per tre) sta sicuramente nel dimostrare con i fatti che l’Amstaff (o il “vero” Pit bull, nel caso ne possedessimo uno) è un cane equilibrato, amichevole con le persone…ma soprattutto perfettamente controllabile.

La salute dell' Amstaff!

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